top of page

PIACERE E BRAMA

  • Immagine del redattore: Laura Romagnoli
    Laura Romagnoli
  • 11 mag 2023
  • Tempo di lettura: 4 min

La sottile linea di confine che c'è tra passione e dipendenza.


ree

Tutto sta, se ci pensi, nel modo in cui ognuno di noi gestisce la sofferenza.

Passione infatti deriva dal latino pati e dal greco pathos, rispettivamente un verbo e un sostantivo che indicano una forte emozione proprio nel senso del patimento e della tribolazione.

Essere appassionati/e di qualcosa attiva uno scorrere di energia emotiva che origina da un'insoddisfazione e serve da incoraggiamento a superare un certo limite così da ottenere, compiuto lo sforzo aggiuntivo, la gratificazione per il raggiungimento del risultato sperato (o inatteso ma comunque piacevole). In quest'accezione consideriamo tale trasporto come qualcosa di costruttivo, che ci permette di uscire dall'ordinario e che aggiunge conoscenza di sé.

Siamo nel processo: la sofferenza iniziale e l'appagamento finale corrispondono ad una categoria comune e sono perciò equiparabili; abbiamo individuato con esattezza ciò di cui avevamo bisogno e abbiamo scelto uno strumento coerente con il raggiungimento della soddisfazione.



L'INGANNO DELLA FALSA CREDENZA


Come ogni elemento che costituisce l'Universo, però, anche noi siamo fatti di Luci ed Ombre e così il nostro sentire.

Il lato oscuro, perché nascosto, della passione è una catapulta che obbliga a porre il focus esclusivamente sul risultato; sofferenza iniziale e appagamento finale non si equivalgono più perché si sovrappongono confondendosi, creando l'illusione che esista una strategia semplice ed immediata utile a raggiungere il sollievo.

Siamo fuori dal processo: non elaboriamo a pieno ciò che ci addolora e vogliamo solo eliminare il male. L'urgenza solitamente percepita in una situazione di questo genere non permette di discriminare sulla scelta dello strumento risolutivo da utilizzare. Esso deve essere in assoluto anestetico e istantaneo, non importa se appartiene ad una categoria diversa da quella in cui ha avuto origine il problema.


DI PALO IN FRASCA


Per capirci, se sentiamo bisogno di nutrimento alimentare e mangiamo allora il problema e lo strumento col quale vogliamo tentare di risolverlo appartengono a categorie equiparabili, dunque con ottime probabilità il disagio sarà superato. Se invece sentiamo il bisogno di essere accolti/e in una relazione e in risposta al fatto che ciò non accade mangiamo o assumiamo una qualche sostanza psicoattiva, allora problema e strumento provengono da categorie diverse. Così, a seguito di un apparente e istantaneo rilassamento della tensione generata dalla sofferenza, si darà inizio ad una serie di difficoltà concatenate.


“Beati gli smemorati, perché avranno la meglio anche sui loro errori”. - Se mi lasci ti cancello, M. Gondry

PASSATO E FUTURO


Quando al ricordo di una o più esperienze dolorose si associa la convinzione di non poter fare nulla in prima persona per migliorare le proprie condizioni, lì (a volte) si inserisce la fantasia che esista una soluzione esterna dalla quale l'organismo (mente e corpo insieme) diventerà dipendente.

Negli ultimi anni, il tema delle dipendenze è diventato ancora più complesso da analizzare in ambito psicologico. Le società in cui nasciamo e ci sviluppiamo evolvono diventando, al tempo stesso, promotrici e contenitori di trasformazioni importanti. In alcuni casi addirittura epocali.

È stato perciò necessario aggiungere alla categoria delle dipendenze che riguardano le sostanze stupefacenti o il cibo nuove tipologie di dipendenze relative alla sfera delle tecnologie, dell'attività lavorativa, dell'ambito relazionale e comportamentale.


Una peculiarità che accomuna le "new addictions", cioè le dipendenze di ultima generazione, è il fatto di avere come base un comportamento o un'attività socialmente accettata e dunque non percepita nemmeno in minima parte come pericolosa.

Ci avviciniamo a quel che la società considera illecito con una certa allerta nei confronti del pericolo, mentre al contrario sperimentiamo ciò che è inteso come lecito senza remore o paure legate al giudizio altrui.


L'APPARENTE SEMPLICITÀ DELLA RETE


Chiunque oggi volesse rimproverarci perché usiamo internet, i social network sugli smartphones o ci viene voglia di fare compere potrebbe essere accusato dello stesso identico peccato senza particolari differenze generazionali, direi. E allora diventa molto complicato anche limitare, o suggerire di limitare, un comportamento distruttivo se guardandosi attorno si scorgono chiaramente moltissime persone impegnate in quelle stesse attività incriminate. Se lo facciamo tutti è normale e fa bene, no?


Difficile rispondere in modo netto.

Nell'estrema omologazione ci sentiamo tutti più comodi e al sicuro; manca però l'elemento discriminante che mette in luce la possibilità della differenza, offrendo lo spazio a processi del pensiero più articolati e dunque più completi.


GESTIRE LA BRAMA


Sembra molto più complicato gestire le dipendenze nel XXI secolo e viene da pensare che ognuno di noi, oggi, è maggiormente esposto al rischio dipendenza in quanto gli oggetti di questo intenso ed incessante desiderare sono davvero a portata di tutti/e.

In ogni caso, migliorare la relazione con le proprie fragilità si può.

Per dirla con le parole di Byung-Chul Han, filosofo contemporaneo, aspettare IN qualcosa anziché aspettare qualcosa rende accettabile lo stare senza particolari intenzioni. E quando smettiamo di dirigere intenzionalmente la nostra brama verso ciò che è sempre disponibile nella realtà circostante (anche se non ancora in nostro possesso) allora diventiamo ricettivi nei confronti dell’indisponibile che è speciale, unico, nasce dentro e non fuori e per questo è profondamente trasformativo.





dott.ssa laura romagnoli

PSICOLOGA, PSICOTERAPEUTA

INSEGNANTE DI MEDITAZIONE

TRADUTTRICE NEL SETTORE DELLA PSICOLOGIA

  • Instagram
  • Youtube

Iscriz. Albo Psicologi Piemonte n. 5182

P. Iva 10492330013

© Copyright - dott.ssa Laura Romagnoli. Created with Wix.com

bottom of page