Il PENSIERO
- Laura Romagnoli

- 4 set 2024
- Tempo di lettura: 4 min
Un'attività in funzione h24.
Non vedo l'ora di staccare un po' con la testa è una delle espressioni che utilizziamo più spesso quando si avvicina un periodo di vacanza. Nelle intenzioni di chi pronuncia queste parole c'è il forte desiderio di mettere in pausa i pensieri legati al lavoro, agli impegni familiari e a tutti i doveri che fanno parte del quotidiano.
Ma si può smettere di pensare?
No, non si può.

UN PASSO ALLA VOLTA
Sicuramente pensare implica un consumo di energia, non solo intellettiva, che è direttamente proporzionale alla difficoltà cui il pensiero è sottoposto: più è complessa la situazione da districare, più è intenso lo sforzo. Tanto è vero che per riuscire a pensare in maniera efficace abbiamo bisogno di un ambiente tranquillo e che non provochi stress; ti sarà capitato almeno una volta di chiedere silenzio o di spostarti fisicamente da un luogo ad un altro perché diversamente non riuscivi a concentrarti.
In ogni caso, a prescindere dalle condizioni in cui ci si trova, c'è un elemento che non cambia: il fattore tempo. Infatti, al contrario dall'atto creativo che di solito è immediato, il processo di ricerca di una soluzione ad un problema richiede tempo.
Quanto tempo?
Dipende. Dall'entità del problema (più o meno complesso/articolato) e da TE.
Carlo Rovelli, fisico teorico, spiega molto chiaramente nei suoi testi divulgativi che il tempo inteso al singolare per la fisica è un elemento privo di senso. Non esiste un solo tempo universale che sia percepito in modo identico in ogni punto dello spazio, esistono invece tantissimi tempi e "ogni fenomeno che accade ha il suo tempo proprio, il suo proprio ritmo".
Leggere le parole dell'autore mi ha ricordato che questa regola vale anche per i fenomeni psichici e che ognuno di noi segue un suo proprio tempo di elaborazione delle emozioni, un suo proprio ritmo nella raccolta delle informazioni utili che provengono dall'ambiente e un sua propria modalità di procedere che sono unici ed irripetibili.
PENSO QUINDI MI DOMANDO
Affinché si attivi un processo del pensiero deve manifestarsi un problema (un interrogativo, un cruccio) che ha attirato il nostro interesse. Se l'attenzione è diretta verso altro oppure la criticità in questione non è vista in quanto tale, non si attiva nemmeno l'energia necessaria che indirizza verso una delle soluzioni.
A questo punto, riconosciuta l'esigenza di avere una questione da risolvere, entrano in gioco le domande. Qual è esattamente il problema? Perché quella determinata situazione per me rappresenta un problema? Quali parole, comportamenti o fatti accaduti hanno suscitato le emozioni che ora ho bisogno di "digerire"?
Più le domande sono mirate e formulate in maniera chiara e più ci si avvicinerà alla risoluzione del problema, più le informazioni che avremo raccolto per capire meglio la situazione saranno pertinenti e più la soluzione si presenterà da sé.
IL MOMENTO DEL FARE
Ricapitolando: siamo partiti dunque da una sensazione (qualcosa non va e c'è bisogno di risolvere), abbiamo attivato il pensiero (in che modo posso risolvere) e non resta che passare all'azione. È ora di agire mettendo in pratica i risultati di tutte le nostre accurate riflessioni.
Per alcune persone però, la fase dell'azione potrebbe rappresentare un passaggio complicato perché il fatto di essere giunti idealmente ad una strategia utile a rimuovere gli ostacoli, ahimè, non costituisce garanzia di successo. Solo dopo averla messa in pratica sapremo se era veramente efficace e questo margine di incertezza che divide il pensiero dall'azione in moltissimi casi genera ansia.
Il che comporta un'incessante raccolta di informazioni da processare ancora e ancora nel tentativo di scegliere l'opzione migliore in assoluto. Ma siccome ogni nuovo input aggiunge nuove variabili da considerare, il processo di elaborazione non finisce mai costringendo la persone a vivere in una non-scelta.
Il concetto di decisione è così importante da essere anche rappresentato a livello simbolico nei testi che ci raccontano le Antiche Sapienze. La decisione (in alcune versioni anche La risolutezza o Lo straripamento) è l'esagramma 43 dell'I-Ching che ricorda proprio quanto sia importante accettare quel minimo di imprevedibilità cui siamo sempre sottoposti, e sapere che ad ogni decisione corrisponde anche una separazione da tutto ciò che, seppure considerato a suo tempo, va lasciato indietro.
SCEGLIERE BENE
Una delle domande che mi viene posta più di frequente durante i percorsi psicologici è "Cosa devo fare? Qual è la scelta giusta?".
Siccome, lo abbiamo detto, dal punto di vista neurologico non si può interrompere l'attività cerebrale del pensiero, quello che possiamo fare per rendere efficaci le riflessioni su di un determinato tema è dirigere con saggezza l'attenzione. Trasformeremo così le domande precedenti in contenuti molto più utili, come ad esempio:
. Cosa mi farebbe stare bene adesso?
. Qual è l'aspetto preciso della situazione che mi crea disagio?
. Ho fiducia di poter affrontare il tutto a prescindere dal tipo di risultato che otterrò?
Con una domanda del primo tipo ci focalizziamo sul momento presente e non pretendiamo di compiere una scelta che si dimostri la più adatta per sempre. Non è possibile immaginare il futuro in modo così esatto.
Con una domanda del secondo tipo, invece, abbandoniamo la falsa credenza che sia stato un intero contesto a creare il disagio quando in realtà è solo una parte di quel contesto ad essere incriminata.
Infine con l'ultima tipologia di domanda, ci confrontiamo con l'elemento più favorevole oppure ostacolante di tutti: la nostra immagine interiore che prende forma dalle parole che scegliamo (e che gli altri usano) per descriverci.
PROVA A NON PENSARE AD UNA TARTARUGA
Come hai potuto notare, nel corso di questo articolo abbiamo iniziato a trattare l'argomento "pensiero" e abbiamo poi concluso con un focus sulle domande. Non potevamo farne a meno perché se smettere di pensare è impossibile – ci riesci a non pensare alla tartaruga del titolo? - resta fondamentale dirigere bene l'attenzione affinché diventiamo consapevoli della frequenza su cui siamo sintonizzati in un dato momento.
Se abbiamo la sensazione che la mente stia continuando a vagare in un circolo vizioso di pensieri, che si ripetono identici a se stessi e non portano a concretizzare una soluzione (anche parziale) nel breve periodo, stiamo certi che è ora di cambiare la domanda.
Ce n'è una che ti poni spesso?

