FALLIRE, IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA.
- Laura Romagnoli

- 17 apr 2023
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 12 lug 2024
Quanto ci accomuna l'obbligo a mostrarsi sempre performanti?

Ce lo aveva spiegato già molto bene Bauman che quella del nostro tempo è una società liquida, perciò fluida e senza contorni nitidi. Qualsiasi tipo di costrutto in un'era così fugace diventa suo malgrado labile perché deve trasformarsi (se non addirittura scomparire) adattandosi a cambiamenti sempre più veloci e a richieste via via più complesse.
E noi esseri umani? Come affrontiamo la fluidità?
PERFORMANCE E COMPETIZIONE
Se stai leggendo questo articolo, molto probabilmente non farai fatica a riconoscerti nella tipologia di persona alla quale è stato insegnato che è fondamentale essere in grado di produrre qualcosa nella vita, che possibilmente lo si deve fare a ritmo serrato e tentando anche di essere la/il migliore nel proprio settore.
Il tutto senza soffermarti a provare il minimo disagio.
SENZA SE E SENZA MA
Usando le parole di Byung-Chul Han, filosofo contemporaneo, possiamo affermare di vivere in una società senza dolore, anestetizzata e che ha bisogno di eliminare tutto ciò che è negativo in quanto, in effetti, causa sofferenza.
È così che il concetto di resilienza ha trovato il suo terreno fertile per diventare un'arma a doppio taglio: l'individuo resiliente è chi sente di poter assorbire gli urti senza rompersi, superare un trauma senza considerarsi finito/a ma anche fronteggiare lo stress così bene da non percepirlo nemmeno più come tale.
Allora il trauma perde il significato più profondo di esplorazione cosciente di sé e diventa l'occasione per aumentare la performance ed evitare di fallire.
Ma il dolore, così come il fallimento, genera catarsi e dunque purificazione.
DRITTO E ROVESCIO
Il verbo fallire etimologicamente viene dal latino “fallĕre” che significa “ingannare” ma anche “sfuggire a”. Verrebbe da fantasticare sul fatto che fallendo in qualche modo inganniamo, cioè facciamo credere una cosa per un'altra e con il nostro risultato deludiamo delle attese. Se così fosse allora sarebbe opportuno chiederci: chi si aspettava qualcosa da noi? Cosa si aspettava esattamente? Chi dava per scontato che dovessimo riuscire a svolgere la prestazione in quella precisa modalità? Da cosa stiamo sfuggendo nel rovesciare il risultato?
“Rovescio” è proprio uno dei sinonimi di fallire e, se ci fai caso, ha un suono molto meno tragico.
Il mancato raggiungimento di uno scopo, così come lo avevamo immaginato nel tentativo di prevedere uno dei possibili futuri, ovviamente resta un'esperienza sgradevole ma è solo da questo genere di vissuto che può scaturire la giusta dose di creatività utile all'evoluzione, al cambiamento sostanziale e alla differenziazione tra esseri della stessa specie.
Al contrario, diventiamo tutte/i variazioni di un unico uguale (Byung-Chul Han - La società senza dolore).
DOLCE FAR NIEnTE
Con l'invenzione dell' ECG negli anni Venti, i ricercatori e le ricercatrici nell'ambito delle neuroscienze hanno scoperto che il cervello è sempre al lavoro 24 ore su 24. Anche durante il sonno, infatti, vengono elaborati alcuni contenuti specifici (come i ricordi recenti o quelli a lungo termine), e si creano nuove sinapsi che si collegano formando circuiti (Le grandi domande. Mente. - Richard M. Restak).
Che sia questo uno dei motivi che ci ha spinti a credere del tutto naturale lavorare senza sosta, svolgere e portare a termine molti compiti simultaneamente e sviluppare la capacità di procedere oltre il disagio del momento perché soffermarvisi significherebbe avere un problema nel saper stare al mondo? (A. Colamedici, M. Gancitano - La società della performance)
La mente SEMBRA in grado di pensare due cose in contemporanea ma la realtà è che i pensieri si susseguono scorrendo molto velocemente e distano solo qualche millisecondo l'uno dall'altro; perciò in realtà non siamo in grado di pensare due cose simultaneamente, anche se la velocità con la quale vengono processati i pensieri ci illude del contrario.
Il cervello lavora meglio quando è concentrato su una cosa per volta.
La ricerca neuroscientifica lo dimostra: il multitasking non funziona! È una procedura nel complesso poco efficiente, perché ogni volta che si sposta l'attenzione i lobi frontali devono cambiare direzione e attivare nuovi processi per elaborare i dati in ingresso. L'attenzione si frammenta, non ci si accorge che si stanno disperdendo energie e sfuma anche il contatto con se stessi nell'illusione di aver ottenuto buoni risultati.
Per un pensiero profondo, chiaro e coerente sono fondamentali tempo e concentrazione. L'assenza (o la carenza) di uno di questi fattori riduce la qualità della conoscenza.
LE DOMANDE GIUSTE
Nel mondo lavorativo che, ricordiamocelo, frequentiamo tutti i giorni per molte ore al giorno non portiamo mai solo le nostre caratteristiche strettamente professionali, ma anche quelle personali che si miscelano alle precedenti seguendo un flusso senza un inizio e fine definiti.
Immerse/i nella corrente non rischiamo semplicemente di perderci, ma di farlo convinti di avere pieno controllo e consapevolezza di tutto il processo.
Lungo una vita così complessa (perché la società del nostro tempo lo è), porsi le domande giuste può fare tutta la differenza del mondo.
Buona riflessione...
Quanto interesse/passione provo per il mio lavoro?
Quali attività svolgerei se non avessi l’obbligo di guadagnare per vivere il quotidiano fatto di relazioni sociali, attività disinteressate e spontaneità?


